Mafie e pandemia by Giovanni Tizian

Mafie e pandemia by Giovanni Tizian

autore:Giovanni Tizian
La lingua: ita
Format: epub
editore: EDIZIONI PIEMME
pubblicato: 2020-04-29T12:00:00+00:00


Vita da boss, tra domiciliari e quarantena

La reclusione forzata necessaria per arginare i contagi da Coronavirus è stata per la stragrande maggioranza degli italiani un’esperienza nuova. Una dimensione da arresti domiciliari che per una società frenetica e sempre in movimento era inimmaginabile. Eppure c’è chi a questa vita da reclusi in casa è abituato. Pensiamo ai mafiosi costretti a nascondersi. O a quelli, più fortunati, scarcerati durante la pandemia grazie alla bravura dei loro avvocati, che hanno fatto valere davanti ai giudici il principio di prevenzione del contagio. È il caso del boss di Lamezia Terme, Vincenzo Iannazzo: sessancinquenne, condannato a quattordici anni, ritenuto capo ’ndrangheta della città, è stato giudicato incompatibile con il carcere. «Deficit immunitario da terapia cronica antirigetto per trapianto», sostengono i giudici che lo hanno scarcerato, accogliendo la richiesta della difesa del boss e mettendolo ai domiciliari con il braccialetto elettronico.

Iannazzo non è il solo ad aver ottenuto i domiciliari, che per un boss vuol dire poter continuare a gestire il potere comodamente da casa. Anche in Sicilia si è verificato un caso, un ergastolano a cui è stato riconosciuto il diritto di scontare la pena tra le mura domestiche: si tratta del boss Antonio Sudato, 67 anni, condannato per omicidio e associazione mafiosa. Il motivo della scarcerazione è che poteva essere a rischio contagio Coronavirus. Sulla scia di queste decisioni numerosi avvocati stanno inviando richieste di scarcerazione. Anche perché il boss di Misilmeri, in provincia di Palermo, Vincenzo Sucato, a cui è stata negata, è morto a Bologna proprio di Coronavirus dopo giorni di terapia intensiva. I familiari hanno presentato un esposto.

Intanto altri detenuti anziani provano questa strada, provando a sfruttare il decesso di Sucato. Tra i nomi grossi c’è Settimio Mineo, il boss di Pagliarelli che, secondo i pm di Palermo, voleva ricostituire la cupola di Cosa nostra. Nell’istanza con cui gli sono stati concessi i domiciliari, gli avvocati hanno allegato certificati medici che documenterebbero problemi cardiaci, una condizione che lo esporrebbe a conseguenze letali in caso di contagio da Coronavirus. Di una patologia cardiaca soffrirebbe anche Maurizio Crinò, imputato con l’accusa di essere affiliato alla cosca di Misilmeri, quella comandata dal padrino morto di Coronavirus a Bologna. Per Crinò i giudici hanno deciso che il carcere è rischioso.

A questo elenco di pionieri se ne saranno aggiunti altri, nel tempo trascorso tra la fine della stesura e la messa in vendita di questo libro elettronico. Il diritto di tutela della propria salute in uno stato di diritto spetta a chiunque. Ma l’occasione è ghiotta, è c’è da chiedersi se anche i poveri cristi con patologie e con pochi anni da scontare, che non appartengono a nessuna mafia e non hanno avvocati rinomati potranno godere della stessa tutela.



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